Sant’Antonio di Padova, protettore di Rimini

Disse quella notte ai pesci Antonio – « Il mare non è di chi fa la voce più grossa o ha le pinne più belle o i denti più affilati o è più furbo. Il mare è di chiunque si tuffa dentro!»

(Fabio Scarsato, La predica ai pesci, Padova, Edizioni Messaggero, 2016)

 

Sant’Antonio di Padova, protettore di Rimini, città in cui hanno avuto luogo due dei miracoli più famosi del Santo. E un terzo, meno conosciuto. Un legame che quest’anno festeggia 800 anni e che in occasione di questo importante Centenario vogliamo raccontare.

 

Il più famoso Antonio al mondo… non si chiamava nemmeno così!

All’anagrafe di Lisbona è registrato infatti come Fernando Martins de Bulhões, ma da quando 800 anni fa – è diventato francescano, ha scelto per sé un nuovo nome: Antonio.

Quando Antonio, intorno al 1222, arriva a Rimini per predicare la parola di Dio e ricondurre gli eretici all’ortodossia, trova una città che è diventata uno dei centri più accesi dell’eresia catara in Italia, i cui fautori vengono appoggiati, più o meno apertamente, dalla fazione ghibellina che politicamente parteggia per l’Imperatore e osteggia il Papa. Dopo la realizzazione di tre miracoli, i riminesi, eretici inclusi, diventano fedeli devoti del santo, un culto che già nel XIII secolo vede sfilare in processione il 13 giugno, il Capitolo della Cattedrale con molte confraternite e un gran numero di fedeli diretti verso la cella di sant’Antonio che era situata nell’area boscosa posta all’estremità orientale del Convento di San Francesco, poi inglobata nella nuova chiesa di S. Antonio Abate voluta da Galeotto I Malatesta nel 1348 e poco più di trecento anni dopo viene trasferita in prossimità del transetto sinistro del Tempio Malatestiano e poi purtroppo distrutta durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale. S. Antonio diventa patrono della città unendosi alla Madonna, san Gaudenzio, san Giuliano, santa Colomba e santa Innocenza nel 1599, su proposta delle due confraternite cittadine a lui dedicate. La prima confraternita, a cui appartenevano prevalentemente fabbricanti e commercianti di lino, i “linaroli”, custodiva il tempietto situtato oggi in piazza Tre Martiri; la seconda confraternita si riuniva nell’oratorio al porto ed era prevalentemente frequentata da marinai. I luoghi in cui sono collocati gli edifici sacri intitolati al santo sono quelli in cui sono avvenuti i due miracoli più famosi: a piazza Tre Martiri il miracolo della mula e al porto il miracolo dei pesci. Questi due miracoli antoniani sono gli unici che hanno come tramite gli animali nel perfetto stile francescano e forse anche per questo sono tanto famosi.

All’arrivo di Antonio a Rimini il clima è pesantemente diffidente e lui deve fare i conti con un popolo che gli riserva scarsa attenzione e non ascolta le sue parole per questo se ne va amareggiato sulla riva del mare Adriatico, alla foce del fiume Marecchia. È nel quarantesimo capitolo dei Fioretti di San Francesco che leggiamo «Onde essendo una volta santo Antonio a Rimino, dove era grande moltitudine di eretici, volendoli egli riducere al lume della vera fede di Cristo e della santa Scrittura; ma eglino, non solamente non acconsentendo a’ suoi santi parlari, ma eziandio come indurati e stinati non volendolo udire, santo Antonio un dì per divina ispirazione se ne andò alla foce del fiume allato al mare; e standosi alla riva tra il mare e il fiume, cominciò a dire a modo di predica dalla parte di Dio a’ pesci: “Udite la parola di Dio voi, pesci del mare e del fiume, dappoi che gl’infedeli eretici la schifano d’udire”. E detto ch’egli ebbe così, subitamente venne alla riva a lui tanta moltitudine di pesci grandi, piccoli e mezzani, che mai in tutto quel mare né in quel fiume non ne fu veduta sì grande moltitudine; e tutti teneano i capi fuori dall’acqua e stavano attenti verso la faccia di santo Antonio, e tutti in grandissima pace e mansuetudine e ordine: imperò che dinanzi e più presso alla riva stavano i pesciolini minori, e dopo loro stavano i pesci mezzani, poi di dietro, dove l’acqua è più profonda, stavano i pesci maggiori»

Quindi ciò che gli uomini non hanno voluto ascoltare è stato attentamente accolto dai pesci ed è davanti a questa assemblea che Antonio comincia a lodare la grandezza di Dio. E più parla, più aumenta il numero degli abitanti marini e con essi la folla degli uomini che, stupiti, ascoltano le parole e assistono al prodigio. «A questo miracolo cominciò accorrere il popolo della città, tra i quali vi trassono eziandio gli eretici sopraddetti; i quali vedendo il miracolo così meraviglioso e manifesto, compunti ne’ loro cuori, tutti si gittarono a’ piedi di santo Antonio per udire la sua predica». Nella tradizione popolare del miracolo si racconta però che un tipo particolare di pesci, che vive tra le pietre nelle vicinanze dei porti molto utilizzato nella tradizione culinaria romagnola, non abbia tirato fuori la testa dall’acqua per ascoltare le parole del santo e da allora è stato chiamato paganello.

Non sappiamo quanto tempo sia passato prima che si verifichi il secondo miracolo, quello eucaristico, ancora oggi ricordato da una targa affissa nel lato ovest di piazza Tre Martiri, dove accadde. Troviamo il racconto negli Acta Sanctorum i quali ci narrano dell’eretico Bonvillo che, appartenente al folto gruppo degli eretici residenti in città, si pone apertamente in contrasto con la dottrina cattolica non credendo, fra l’altro, alla presenza reale di Gesù nell’Eucarestia. Antonio lo provoca dicendo che se Dio lo avesse voluto, perfino la mula da lui cavalcata avrebbe riconosciuto e adorato il Santissimo Sacramento. Bonvillo, evidentemente rimasto impassibile davanti al precedente miracolo, tenendo testa risponde che sarebbe bastato non dar da mangiare alla mula per tre giorni, trascorsi i quali mettendole davanti una bella cesta di cibo e un Ostia, avrebbe dimostrato la falsità che Antonio andava predicando. Se però così non fosse stato, avrebbe ceduto all’evidenza e creduto. Dopo il tempo stabilito l’eretico si reca all’appuntamento ma non prima di aver preparato bene in vista per la sua mula un bel paniere pieno di orzo o biada, a seconda delle narrazioni. L’animale però non pensa a mangiare, non corre verso il cibo allettante e va senza tentennamenti da Antonio che regge davanti a sé una particola prelevata dal tabernacolo della vicina chiesa di Santa Innocenza. La mula si inginocchia dimentica della fame e resta in adorazione fino al cenno di Antonio che la congeda. Le cronache riportano la commozione di tutti e la redenzione di Bonvillo.

Ma c’è un terzo miracolo, meno conosciuto, che Tonini e Clementini dicono essere avvenuto a Rimini. Dopo la predica ai pesci e il prodigio della mula inginocchiata, una buona fetta di eretici si converte, ma un gruppo dei più ostinati ne ha abbastanza di Antonio e decide di ucciderlo. Il Santo viene invitato a pranzo o a cena, non si sa, e gli viene offerta una pietanza avvelenata. Illuminato da Dio, Antonio si accorge dell’inganno e, dopo aver pregato e fatto il segno della croce, mangia ugualmente a dimostrazione che a Dio è davvero tutto possibile. Come è facile immaginare seguono conversioni e pentimenti. Interessante notare come questo terzo miracolo non sia stato suggellato dalla costruzione di edifici in città che ne tramandassero la memoria e forse anche per questo motivo sfugge alla consocenza dei più.

Il legame di Rimini con Antonio rimane forte nel corso dei secoli come ci testimoniano sia le feste e le opere in suo onore e memoria, alcune ancora vive oggi; sia le cartoline, incisioni e stampe che raccontano dei miracoli operati dal Santo in città conservati in Gambalunga. In onore del Santo si svolgeva una fiera sul porto che durava otto giorni, fu fatta per la prima volta nel 1671. Nel giugno del 1692 ebbe inizio nella chiesa di Santa Maria delle Grazie la festa annuale solenne di S. Antonio; in questa chiesa esiste ancora oggi una cappella dedicata al Santo costruita per la prima volta nel 1578 e poi più volte rinnovata. Un foglio volante conservato in Gambalunga ci racconta che nella chiesa di San Franceso era già in uso la celebrazione dei martedì di sant’Antonio che consisteva nel festeggiare con speciali pratiche e funzioni il giorno della settimana (martedì 17 giugno 1231) in cui erano stati celebrati i funerali del Santo. Già all’inizio del XX secolo si registra a Rimini la presenza dell’Opera del pane di sant’Antonio, l’iniziativa assistenziale e caritatevole che, nata sulla scorta di uno dei tanti miracoli attribuiti al Santo, si sviluppò particolarmente a partire dalla fine dell’Ottocento realtà ancora oggi viva nella nostra città. Negli ultimi anni si registra un rinnovato interesse per il Santo, nel 2010 la mostra “Sant’Antonio da Rimino detto: fede, miracoli e devozione”, allestita presso la parrocchia di Cristo Re, è stata accompagnata dal libro omonimo edito da Guaraldi che vede la curatela di Stefano De Carolis, Learco Guerra e Rosanna Menghi. Nel 2015 l’associazione Ponte dei miracoli di San Giuliano a mare ha realizzato e collocato, in via destra del porto una stele commemorativa del miracolo dei pesci; celebrando annualmente tra giugno e luglio con funzioni religiose, rievocazioni storiche, installazioni e stand gastronomici, il compatrono di Rimini. Ponte dei miracoli è stata coinvolta anche, nel giugno dello scorso anno, nell’allestimento riminese (“Rimini dei segni”) della mostra itinerante “La voce e il miracolo, espressioni del contemporaneo” ideata all’interno del progetto “Antonio 20-22” per celebrare gli 800 anni della vocazione francescana di Sant’Antonio, del suo primo arrivo in Italia e dell’incontro con San Francesco.

Sant’Antonio è conosciuto come il Taumaturgo, il Santo dei miracoli. A volte sono miracoli di guarigione che annunciano che tutto sarà sanato, a volte sono miracoli di conversione e di cambiamento del cuore che annunciano la riconciliazione di tutta l’umanità con Dio, a volte sono miracoli che sembrano sconvolgere le leggi della natura. Sarà forse per questa “trasversalità” che nella tradizione popolare romagnola i due sant’Antoni, quello di Padova e l’omonimo Abate, venivano indifferentemente invocati per ritrovare gli oggetti smarriti!

 

Le notizie sono tratte da:

Stefano De Carolis, Learco Guerra, Rosanna Menghi, Sant'Antonio "da Rimino detto": il santo di Padova a Rimini : fede, miracoli e devozione, Rimini : Guaraldi, 2010.

Fabrizio Barbaresi, I miracoli convincono e gli eretici si convertono, in «Ariminum» 2(2016).

Alessandro Catrani, Restauro di Sant’Antonio al Porto, in «Ariminum» 1(2022).