Alessandro Moreschini, guardare la poesia
Se spesso si indugia sul ruolo della biblioteca come luogo di amplificazione della cultura e come crocevia di innesti fertili, ecco che inserire nel percorso di visita di una mostra documentaria composta di memorie dantesche, opere di arte contemporanea, assume il significato di aprire un recinto sacro dedicato allo studio e al sapere verso altre connessioni, trasformando un luogo dell’incanto letterario e scientifico in un catalizzatore e distributore di energie diverse.
Ma accendere l’attenzione sulla trasversalità della cultura artistica nelle sue diverse forme vuol dire far incontrare il mondo del sapere universale con le forme d’arte creando una versione attualizzata della sensibilità al bello e alla poesia. La singolarità di ogni visione è capace di abbracciarne la pluralità. Succede quando la cultura (dal latino còlere coltivare) viene prodotta esattamente come un frutto della terra, con inventiva e laboriosità, con resistenza e ostinazione e non addomesticata all’ovvietà. Una poltroncina retrò, irrorata di colori dipinti, un volto di fanciullo dalla bellezza antica e incantata e dalle fattezze senza tempo che posa il suo sguardo lontano sono il terminus ad quem di un percorso che ha visto snodarsi codici e manoscritti, documenti e incisioni alla ricerca delle tracce della presenza di Dante nella Biblioteca.
Le texture iperdecorative di Alessandro Moreschini ricoprono di colori oggetti d’uso, la raffinatezza della sua tecnica pittorica investe di caleidoscopica modularità ornamentale le superfici, sia la sedia che la scultura ceramica, sollevando quegli stessi oggetti dalla ordinarietà quotidiana e alzandone la soglia estetica. L’immagine contemporanea che forgia il nostro orizzonte impone oggi una diversa definizione del guardare e lo sguardo rimane aperto al di là di ogni visione possibile. Una sosta e un invito per immaginare un proprio tempo dedicato alla lettura e alla riflessione, per condividere la continuità della poesia e il suo eternarsi, mentre il tempo storico scorre.
Annamaria Bernucci