Il matrimonio a Rimini? Un sogno tra mare, arte e storia: scene da un matrimonio del 1475

La Gambalunga racconta

Il matrimonio a Rimini? Un sogno tra mare, arte e storia: scene da un matrimonio del 1475.

Il matrimonio di Roberto Malatesta e Elisabetta da Montefeltro è di sicuro il più studiato e citato dagli storici locali. Dal 2004 al 2006 è stato anche oggetto di una rievocazione storica. “L' atmosfera dell' alto medioevo irrompe nella capitale delle discoteche” così introduce la rievocazione un articolo su Repubblica del luglio 2005 annunciando, tra gli altri eventi, la sfilata del corteo storico che si apre con l'arrivo della sposa, accompagnata dal padre Federico, duca di Urbino e dalla sua corte.

La fama di queste nozze è legata principalmente alla ricchezza di informazioni presenti in due documenti: la Cronaca manoscritta di Gaspare Broglio, segretario e amabasciatore della famiglia Malatesta, realizzata tra il 1440 e il 1480; e il codice manoscritto conservato presso la Biblioteca Oliveriana di Pesaro recante la testimonianza anonima di un cortigiano di Leonardo della Rovere, prefetto di Roma e signore di Senigallia, invitato alle nozze. I due documenti, seppur con qualche differenza sulle quantità, maggiorate volutamente da Broglio per mostrare la grandezza dei Malatesta, ci restituiscono una eccezionale testimonianza dello sfarzo della corte rinascimentale di Rimini. Ben spiega Matteini che il matrimonio “si basava su accordi politici fra le due signorie, per tanti anni divise, cui non erano estranee le influenze della Chiesa, di Milano e di Firenze”. L’accordo prematrimoniale fu suggellato nel 1471, Elisabetta aveva nove anni e Roberto venti di più e il periodo di “parentado ragionato” con Elisabetta culminò con le nozze il 24 giugno del 1475. Erano presenti tutti I “sovrani d’Italia” o I loro rappresentanti, per loro furono riservati I maggiori palazzi e edifici di Rimini, furono ingaggiati oltre 30 scalchi (cuochi) italiani e stranieri, 100 musicanti e 20 direttori dei lavori per gli apparati scenografici.

Alle 8 del mattino un corteo di ottocento cavalieri, fra cui si notavano I principi e I delegati forestieri, si mosse da Rimini, guidato da Roberto il Magnifico, lungo la via Flaminia e a circa tre miglia fuori dalla città ci fu l’incontro con Federico da Montefeltro con accanto la futura sposa. Il corteo entrò in città, accompagnato da trombettieri e tamburini, passando sotto l’Arco di Augusto parato con I festoni del trionfo. Sopra l’Arco uomini vestiti alla foggia degli antichi romani, declamavano in latino saluti di benvenuto, Le strade erano piene di fiori e erbe profumate e in particolare la strada che conduceva dall’Arco all’attuale piazza Tre Martiri era ornata con “panni degni”. Nella piazza erano presenti due archi trionfali, un castello di legno, una macchina che faceva “volare” comparse vestite da angeli cantanti. Sulla sommità di uno degli archi trionfali, erano posizionati intorno ad una sedia vuota otto figuranti sempre vestiti da antichi romani rappresentanti Giulio Cesare con un libro in mano, Ercole con la clava, Temistocle e Furio Camillo; proprio Cesare invitò simbolicamente il duca di Urbino ad occupare la sedia centrale ricoperta da un drappo tessuto in oro. Ad omaggiare Elisabetta attrici reppresentanti le ninfe e Diana, la protettrice delle donne, soprattutto nel parto, colei che stabiliva il potere della regalità. Lungo le strade e le piazze erano state costruite balconate di legno per ospiti e invitati e tutte le finestre era strapiene di persone. Il corteo raggiunse l’attuale piazza Cavour tra la folla plaudente, altri archi trionfali e addobbi. Presso la fontana era stata costruita anche una casa di legno dove si distribuiva cibo a forestieri, riminesi senza escludere I meno abbienti. Una volta giunti a Castel Sigismondo, Elisabetta fu affidata alle sorelle di Roberto: Giovanna, Margherita e Contessa. Il giorno dopo ci fu la solenne cerimonia celebrata nella cattedrale di Santa Colomba officiata dal vescovo, la sposa indossava un magnifico vestito arricchito da drappi d’oro, collane, pietre preziose e gioielli. I festeggiamenti continuarono nel castello, giunse il momento dei discorsi celebrativi delle due casate, e solo dopo il duca Federico condusse per mano sua figlia a Roberto che, ci dice Broglio, “la ricevette per sua carissima consorte e legittima donna”. Le fonti citano tra I carmi, gli elogi e le adulazioni anche il canto inaugurale dedicato alla sposa di due donne, Anna Polissena e Grisalfa Bianchelli, furono esaltate le bellezza della giovane Elisabetta, le sue virtù morali e il suo amore per gli studi. Dopo tante parole arrivò il momento del pantagruelico banchetto: gli invitati si disposero in quattordici tavoli traboccanti di cibo, ognuno si serviva liberamente, senza osservare nessun ordine. Furono ventitrè le portate: le magnifiche corti delle Signorie italiane consegnarono all’Europa intera un modello culinario opulento e sfarzoso dove le quantità delle “imbandigioni”, il grande uso di dolciumi e la cura nella presentazione erano a dir poco, stravaganti. La forchetta divenne d’uso comune, ma soltanto per ricchi e nobili nel 1500 e tra la borghesia si diffuse due secoli piu tardi. Per tutto il 1500 c’era un solo piatto per ogni convitato, non veniva mai cambiato tra una portata e l’altra e gli avanzi si buttavano sotto la tavola. Ogni tanto si lavavano le mani con acque profumate, per detergerle dall’unto, nel Galateo monsignor Della Casa raccomanda di non ungersi troppo le mani mangiando! Durante il lauto banchetto per quattro volte furono portate acque profumate per l’abluzione. Piero Meldini afferma che la presenza delle due dettagliatissime e quasi del tutto simili liste delle vivande che furono date a pasto, presenti nella Cronaca del Broglio e nel manoscritto dell’Oliveriana, lascia supporre che agli invitati, in ricordo del memorabile banchetto, sia stato distribuito un elenco delle portate, verosimilmente manoscritto e perché no, magari anche miniato: un venerabile antenato del nostro menù. Ciò che sucscitò maggiore meraviglia tra gli invitati furono I dolci di zucchero, serviti su bacili d’argento da centoquaranta giovani nobili. Le avanzate tecnologie di lavorazione del vetro influenzarono forse quelle dello zucchero, fatto non casuale se pensiamo che Venezia era la patria delle vetrerie ma anche la più grande importatrice di zucchero. Iniziò in Italia la moda delle prime forme artistiche della lavorazione dello zucchero: statue e composizioni varie per decorare le tavole dei banchetti. Per il nobile matrimonio furono realizzati tra le altre cose, l’Arco di Augusto con due giganti, la colonna di Giulio Cesare, l’incompiuto Tempio Malatestiano, il ponte di Tiberio, Castel Sigismondo compreso di ponte levatoio, porte, gente raffigurata sulle mura, giganti sui torrioni e puttini. Non poteva mancare la fontana della pigna zampillante acqua rosata! Non mancarono balli e canti e la giornata si concluse con l’offerta dei doni alla giovane sposa.

I festeggiamenti proseguirono fino al due luglio, ebbero luogo le giostre e il finto assalto al castello di legno costruito in piazza Tre Martiri, che tanto finto non è stato poiché si registra la morte di tredici cavalli e il ferimento di diversi partecipanti.

Il matrimonio non fu certamente tra I più felici, Elisabetta rimase vedova e orfana di padre nello stesso giorno, il 10 settembre del 1482, si spostò successivamente tra Urbino, Venezia e Ferrara dove morì nella seconda decade del 1500, ma non era più Elisabetta da Montefeltro ma suor Chiara Feltria.

 

Immagini:

Le foto della rievocazione sono tratte dall’archivio Venanzio Raggi conservato in Gambalunga.

Il bassorilievo raffigurante Roberto Malatesta è conservato presso il Museo del Louvre di Parigi.

Il menù del banchetto è una ricostruzione di Piero Meldini, tratta da Pranzi di Carta.

Consigli di lettura:

Le donne di casa Malatesti, a cura di Anna Falcioni, Rimini, Bruno Ghigi, 2005

Nevio Matteini, Le fastose nozze a Rimini di Roberto Malatesta con la tredicenne Elisabetta d'Urbino in La Pie 49(1980), n. 5, pp. 196-198

Francesco Vittorio Lombardi, "Liste" delle nozze di Roberto Malatesta ed Elisabetta da Montefeltro (25 giugno 1475) in Romagna arte e storia, A.6, n.18(set.-dic.1986), p.13-26

Piero Meldini, Gabriello Milantoni, Pranzi di carta, Torriana, Orsa Maggiore, 1990

Luigi Tonini, Storia civile e sacra riminese. [5]: Rimini nella signoria de' Malatesti, Rimini, B. Ghigi, 1971