Il piccolo e raffinatissimo codice con i racconti delle Metamorfosi di Ovidio venne realizzato alla fine del Quattrocento per la famiglia veneziana dei Badoer, a cui appartiene lo stemma in basso nella prima pagina; fu poi acquistato da Alessandro Gambalunga e registrato nell’Inventario autenticato nel 1620 dal notaio Mario Bentivegni. Fu rilegato in cuoio rosso su cui furono impressi in oro i segni distintivi del nuovo proprietario e sul cui dorso si intravede la segnatura di collocazione in biblioteca: AP. N° 629. Ognuno dei quindici libri di cui si compone il testo reca l’indice delle favole contenute e un capolettera decorato da raffinati putti, amorini, motivi vegetali, animali e mitologici. Il capolettera iniziale raffigura un uomo canuto in vesti classiche, molto probabilmente lo stesso Ovidio, che regge e indica un libro. L’anonimo miniatore, di ambito veneziano e autore delle decorazioni di alcune decine di codici e incunaboli, viene denominato “Maestro dell’Ovidio di Rimini”.