Il fascino della scoperta del mondo: il globo terracqueo e Rimini che non c’è

Il 3 giugno del 1652 il notaio Giovanni Antonio Mancini roga l’inventario di consegna del patrimonio librario della Gambalunga al bibliotecario Girolamo Avanzolini (1649-1678) nel quale compare per la prima volta un grande globo terracqueo, realizzato da Willem Janszoon Blaeu (Alkmaar 1571- Amsterdam 1638) nel 1622. Soltanto trenta anni dopo la data di fabbricazione in Gambalunga è possibile ammirare questo “teatro portatile della terra e del mare”, come lo stesso Blaeu lo definisce, che parla di mondi popolati da genti con usi e costumi diversi, da animali per l'epoca esotici, raffigurazioni di uomini Inuit, accampamenti mongoli, monumenti eletti a simbolo di importanti città, carovane di cammelli, e ancora struzzi, elefanti, rinoceronti; ci racconta di esploratori e delle loro scoperte geografiche: Magellano, Hoorn, Tasman, solo per citarne alcuni.

Se l’unica rappresentazione della terra esistente fosse quella di questo splendido globo terrestre della Biblioteca Gambalunga, oggidovremmo porci la domanda di che fine avessero fatto fino al 1622 la costa adriatica da Pesaro ai lidi ferraresi, gran parte dell’Emilia Romagna e della Toscana, di come mai la costa tirrenica fiorentina fosse solo uno stretto lembo di terra che unisce la Maremma alla Liguria; dovremmo chiederci dove fosse finita Rimini! Si potrebbero richiamare apocalittiche profezie: “scomparirà una terra, una grande terra. Un paese sarà cancellato per sempre dalle carte geografiche…” oppure immaginare studenti, insegnanti e curiosi geolocalizzare, per 400 anni, la propria presenza sulla terra fissando la posizione reale con un indelebile impronta digitale e portando con se minuscole parti di inchiostro seicentesco fino a cambiare definitivamente i contorni della nostra bella penisola!

 

Il globo fu stampato ad Amsterdam, nella tipografia diWillem Janszoon Blaeu, olandese tra i più grandi e famosi costruttori di globi del XVII secolo. Appassionato di matematica, geografia e astronomia, nel 1595 si reca a Uraniborg (l’ultimo osservatorio astronomico costruito prima dell'invenzione dei telescopi), dedicato a Urania, Musa dell’Astronomia. Grazie all’altissimo livello delle conoscenze scientifiche lì acquisite, tornato ad Amsterdam nel 1598, Blaeu, che aveva appena 27 anni, costruisce il suo primo globo e da inizio ad una fortunata carriera divenendo capostipite di una prestigiosa dinastia di cartografi, attiva per oltre cinquanta anni.

Già durante gli anni Ottanto e Novanta del Cinquecento gli olandesi produssero molte carte nautiche manoscritte. Ad Amsterdam operava un ufficio idrografico dove la Compagnia delle Indie Orientali, fondata nel 1600, gestiva una sezione di produzione di carte geografiche che forniva ai comandanti piloti le carte nautiche quando salpavano e le ritiriva quando rientravano in patria, assieme ai loro commenti; a sostegno di questa intensa attività vennero istituiti due uffici idrografici satellite a Batavia (Jakarta 1618) e a Recife (1630). I prodotti del laboratorio cartografico di Blaeu sono considerati un prezioso equipaggiamento da adottare sulle navi impegnate nei commerci e nel tracciare nuove rotte nautiche e grazie alla fama raggiunta, nel 1633 la Compagnia olandese delle Indie Orientali (VOC) lo nomina cartografo ufficiale. Alla sua morte l‘attività proseguirà con i figli Joan e Cornelis, il primo dei quali subentrerà al padre come cartografo ufficiale della VOC.

Forti della loro posizione di monopolio, i Blaeu rafforzarono anche i propri legami commerciali; con ciò poterono permettersi di portare a compimento imprese molto costose come l’Atlas Maior di Joan Blaeu (11 vol,. Amsterdam 1662-72), il primo atlante mondiale in cui è presente anche una veduta di Rimini a volo d’uccello.

Era consuetudine proporre da parte del costruttoe di globi l’acquisto di quello terracqueo unitamente al celeste proprio come gli esemplari esposti nelle sale del Settecento; in Italia sono state rintracciate ventotto coppie e pochissimi globi isolati e, quelli riminesi, appartengono alle edizioni più grandi per dimensioni e notorietà. Una legenda presente sul globo terracqueo ci informa che l’autore ottenne, dai governatori delle province di Olanda e di Frisia, il privilegio d’esclusività nella fabbricazione e nel commercio dei globi di maggiori dimensioni di quelli fino ad allora costruiti, nell’ambito delle suddette regioni, per un periodo di dieci anni e in un altro cartiglio annuncia la dedica a Maurizio di Nassau, morto nel 1625, fondatore della Repubblica d’Olanda.

Il grande globo terracqueo ha il diametro di 676mm, è di cartapesta ricorperto da un sottile strato di gesso e internamente è vuoto. Si contano sul rivestimento 38 lembi di carta stampata corrispondenti a 36 semifusi (di 20 gradi di ampiezza) e a 2 orizzonti polari. Il circolo meridiano è in metallo ed è graduato, il circolo dell’orizzonte è in legno e reca, oltre la divisione in gradi, anche l’indicazione dei punti cardinali, il calendario, i segno dello zodiaco. Il mobile di sostegno è costituito da quattro colonnine in legno dell’altezza di circa 60 cm., a cui sono fissati, nella parte inferiore, due assi incrociati reggenti una tavola circolare con bussola e supporto centrale del circolo meridiano.

 

Sulla sfera sono disegnati, la linea dell’eclittica e l’Equatore, divisi in gradi, Tropici ed i Circolari polari, paralleli e meridiani sono tracciati ad intervalli di dieci gradi. Il meridiano iniziale è fatto passare per l’isola di Tenerife, una lunga legenda ci racconta della decisione di Tolomeo di collocare il primo meridiano attraverso quelle che erano ritenute le ultime (più occidentali) terre emerse, ossia le isole Fotunate le attuali Canarie. Ai bordi del cartiglio sono rappresentati due antichi osservatori del cielo intenti a misurare le distanze angolari tra le stelle; l’astronomo a sinistra del cartiglio, usa la ballestriglia (detta anche bastone di Giacobbe), quello a destra, un piccolo sestante.

Sul globo si contano ventisette rose di trentadue venti, da cuipartono le curve lossodromiche; solo due di esse, l’una nell’emisfero boreale, l’altra nell’emisfero australe, recano i nomi dei venti, la prima all’uso classico, la seconda in olandese.

Negli spazi oceanici sono rappresentati velieri, delfini, cavalli marini, pesci volanti e figure mitologiche. I nomi dei luoghi sono fittissimi sul continente europeo e nell’Asia occidentale e meridionale, abbastanza densi nel resto dell’Asia e sulle rive volte ad occidente delle Grandi Isole della Sonda. Anche in Africa i nomi sono numerosi, soprattutto lungo le coste; l’America meridionale e centrale abbondano di indicazioni specialmente lungo i litornaei dell’Atlantico e del Pacifico, lo stesso può dirsi dell’America settentrionale fino a circa 45 gradi di latitudine, più a nord i nomi vanno molto diminuendo e si concentano quasi esclusivamente lungo la costa dell’Atlantico, non oltre comunque l’isola di Terranova. Nell’interno dell’Asia, dell’Africa e dell’America, ci sono figure di indigeni, di animali e di piante. Il rilievo è rappresentato con il profilo delle montagne; le divisioni politiche sono indicate con linee e tratti lungo i margini colorati.

 

Numerose sono le legende che appaiono qua e là, relative, in gran parte, ad esplorazioni e scoperte.

Nel cartiglio posto sopra il circolo polare antartico, scopriamo che il navigatore olandese Willem Schouten (1567-1625), il primo ad aprire la rotta verso il Pacifico, attraversando nel 1616, capo Horn a cui egli stesso diede il nome della sua città natale (Hoorn) non incontrò nessuna terra fino alla latitudine di -50° 30’. In questa sfera la Terra del Fuoco risulta staccata dall’ipotetica Terra Australe, la quale continua ad esistere come “Pars Orbis incognita” e ad occupare una notevole porzione dell’emisfero meridionale.

Un cartiglio collocato nei pressi dello stretto di Magellano, ne indica la scoperta da parte del grande navigatore portoghese, avvenuta nel 1520 in occasione della prima circumnavigazione del globo. A nord dello stretto, in Patagonia, ai piedi delle Ande, troviamo ancora un riferimento a Magellano che qui avrebbe incontrato un popolo, dedito alla colorazione dei propri abiti per mezzo di alcune erbe. Anche la Nuova Guinea pur essendo solo in parte delineata, è ormai indipendente dalla terra australe; ne è disegnata soltanto la costa settentrionale e presso di essa è scritto: “Nuova Guinea novissime detecta e lustrata a Wilhelmo Schouten. Anno 1616.”

Spostandosi verso nord è possibile osservare la forma insolita dell’isola del Giappone e a sud est di essa delle isole allineate verticalmente (lungo un meridiano), le attuali Marianne, indicate come “islas de las velas ladrones”. A ovest delle isole Marianne, l’arcipelago di San Lazzaro (le attuali Filippine) ci parla ancora del grande navigatore portoghese e più in particolare dei suoi ultimi giorni di vita. Proprio in un’isola di questo arcipelago, Mactan, Magellano avrebbe trovato la morte il 27 aprile del 1521, mancando l’obiettivo della circumnavigazione del globo, che si sarebbe conclusa l’8 settembre 1522 a Siviglia, da dove era iniziata circa tre anni prima (il 10 agosto 1519). Nei pressi dell’arcipelago di San Lazzaro si incrociano due curve: la più sottile rappresenta l’equatore della Terra, la più spessa l’orbita della Terra attorno al Sole.

 

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