Domenica 27 agosto 1972, a Monaco di Baviera è la prima giornata di gare delle XXII Olimpiadi. Allo Sport Halle, nel stadio olimpico, sotto gli occhi di oltre 12.000 spettatori che gremiscono gli spalti e di qualche centinaio di milioni dalle televisioni di tutto il mondo si appresta ad eseguire il suo esercizio alle parallele una ginnasta italiana. È una ragazzina, ha compiuto 16 anni appena un mese prima, è brava, ha talento, ma sa che non sta gareggiando per le medaglie, su quella stessa pedana si esibiscono le ginnaste delle squadre più forti al mondo, quella dell'URSS, della Germania Federale, dell'Ungheria degli USA, sa che sono inarrivabili ma sono tre anni che si allena duramente per cercare di raggiungere i migliori risultati. E quel giorno succede proprio così: alla fine della routine degli esercizi obbligatori il tabellone segnerà 9,05. Sarà il punteggio più alto che i giudici quel giorno assegneranno ad un'atleta azzurra e grazie alla sua prestazione la squadra, (che con un'età media di 15 anni e mezzo è la squadra più giovane che l'Italia ha presentato alle olimpiadi) si attesterà ad un onorevole 13° posto. Il giorno successivo, sempre alle parallele, nell'esecuzione degli esercizi liberi la performance si ripeterà, questa volta il punteggio sarà di 9,40, non solo la migliore delle azzurre ma anche l'8° assoluto nelle parallele. La squadra delle ginnaste italiane chiuderà in dodicesima posizione.
La ragazzina si chiama Gabriella Marchi, per tutti Lella, viene da Rimini, ed è un giovane talento allevato nel clan della società sportiva intitolata a “Romeo Neri” il ginnasta riminese che tra le Olimpiadi di Amsterdam del 1928 e di Los Angeles del 1932 aveva portato a casa 1 medaglia d'argento e 3 d'oro. Gabriella dopo Romeo Neri e altri sei atleti maschi sarà la prima atleta donna riminese a partecipare alle Olimpiadi. Si dovranno attendere altri 16 anni per vedere un'altra donna riminese nelle competizioni a cinque cerchi. A 50 anni di distanza da quegli avvenimenti vogliamo ricordare tutta la solarità di Lella con le foto che Minghini le scattò, assieme alla famiglia, al suo ritorno da Monaco.
Gabriella non arriva alla ginnastica prestissimo, viene presentata ai tecnici della “Neri” dal fratello, che già frequentava l'ambiente, nel 1968 e si fa subito notare dai coniugi Matlochi, gli allenatori della grande ginnasta ceca Vera Ceslavska e che la federazione italiana aveva reclutato per la preparazione della squadra olimpica italiana per i giochi di Monaco. Così nel 1969 parte per Roma dove si divide tra studio e allenamenti durissimi. Si torna a casa solo per Natale, Pasqua e una settimana d'estate, ma sono sacrifici che Lella affronta con il sorriso sulle labbra, l'ambiente le piace, si diverte. Nel 1970 partecipa ai mondiali in URSS, nel 1971 ai Giochi del Mediterraneo dove vince l'oro a squadre ed è terza individuale. Poi inizia l'avventura più elettrizzante: la partecipazione all'Olimpiade. La sua specialità erano le parallele e come abbiamo visto non deluderà. "Ma era brava anche nel corpo libero mentre il volteggio era un po’ il suo tallone d'Achille. A Monaco Lella venne penalizzata dai giudici proprio nel corpo libero, tanto che il pubblico fischiò sonoramente quando uscirono i voti relativi al suo esercizio" ricorda Emanuele, il fratello, in un'intervista. E prosegue: “Si entusiasmava per poco, ricordo che a Monaco fece collezione degli stemmini di tutte le federazioni”. Chiusa l'avventura olimpica nel '73 si laurea campionessa italiana assoluta di artistica e viene nominata capitano della nazionale. Tra il '74 e il '75 vince ancora titoli di varie specialità in Italia e raggiunge piazzamenti di rilievo nelle manifestazioni internazionali. Nel '76 dà priorità allo studio, si vuole diplomare, rinuncia così alla convocazione per le Olimpiadi in Canada. La sua carriera è chiusa ma la ginnastica non finisce nel dimenticatoio, inizia ad insegnare dedicandosi soprattutto alle bambine. La prima esperienza è con la Virtus Bologna proseguirà poi come istruttrice all'Edera di Ravenna e collaborerà con la Federazione nazionale. Nell'87, poco più che trentenne, le viene diagnosticato un angioma congenito. Lella non si arrende, lotta, soprattutto continua a frequentare, a "respirare" la palestra, ad essere vicina alle sue bambine. Il 21 gennaio del 1990 mentre segue le sue allieve in gara si sente male, ha una crisi, entra in coma e muore il giorno successivo a soli 33 anni, dopo aver donato gli organi. Ѐ l'unica sportiva a cui il Comune di Rimini. ha dedicato una via, a Corpolò.
Ma a Monaco, in squadra con la Marchi, era presente anche un'altra atleta riminese, Patrizia Neri, nipote di Romeo Neri. Anche lei si era allenata duramente per quattro anni con Gabriella al Centro Permanente di Roma ma presenzierà ai giochi in qualità di riserva. "Ero riserva. Sono rimasta sempre a Monaco ma in pedana non ho messo piede, non ho mai gareggiato. E non ho nemmeno preso parte alla cerimonia inaugurale. Ѐ stata un'Olimpiade da spettatrice: è chiaro che così le emozioni sono diverse" ricorda Patrizia in un'intervista.
A Rimini il clima dei giochi olimpici si era iniziato a respirare già più di un anno prima, sin dal giugno del 1971, quando una delegazione composta dal vicesindaco della città di Monaco, dai rappresentanti del Comitato olimpico tedesco e da un gruppo di giornalisti bavaresi, fecero tappa a Rimini per allestire una mostra itinerante di plastici e gigantografie illustranti le opere che la città di Monaco stava costruendo per i giochi olimpici. A documentare l’incontro, così come l’inaugurazione della mostra, sarà l’onnipresente obiettivo di Davide Minghini e una pubblicazione edita dalla Città di Monaco che, donata nell’occasione al Comune di Rimini, è oggi conservata in Biblioteca Gambalunga. Ancora dall’archivio Minghini proviene la foto di Anna Moffo, soprano e attrice statunitense di origini italiane, che fa da starter al Rally di auto d’epoca, partito pochi giorni prima dell’inizio dei giochi, diretto a Monaco per portare un’attestazione d’amicizia della costa adriatica alla città olimpica.