Pio Trebbi: un “riminese” al Festival del 1970
Giovedì 26 febbraio 1970, dal Salone delle feste del Casinò di Sanremo, va in scena la prima serata dell’edizione del ventennale del Festival della canzone italiana. Rimini, stessa sera, nel salotto di casa sua Davide Minghini, con al collo la sua inseparabile macchina fotografica è davanti alla tv, Little Tony sta cantando gli ultimi versi della sua La spada nel cuore: “notte di colpo la notte/Il cuore che batte è fermo ora mai”. Davide inquadra la tv nel mirino della sua Rolleiflex, valuta la corretta esposizione. Non è facile scattare una buona foto dallo schermo televisivo. Il pubblico sta finendo di applaudire l’esibizione di Little Tony. Nuccio Costa, il conduttore, sta guadagnando il centro del palco per presentare il cantante successivo. Minghini sa bene chi è, gli è capitato parecchie volte di fotografarlo: al Festival delle voci nuove a Bellaria, quando il conduttore era Mike Bongiorno; sul palco del Dancing Tre Stelle di San Martino dei Mulini, dove praticamente era di casa; assieme al suo manager Fiorello Paci, decano dei giornalisti riminesi e pioniere delle prime radio e tv libere; nel suo studio, con la chitarra al collo. Gli ultimi scatti sono di appena 5 giorni prima, dal sarto, mentre sta provando l’abito che proprio ora indossa mentre i 900 ospiti del salone delle feste del Casinò di Sanremo stanno applaudendo il suo ingresso. Lui, imbarazzato, sorride, si guarda in giro, saluta con la mano il pubblico. Il maestro d’orchestra segna il tempo, la musica parte e il cantante inizia a cantare la sua Nevicava a Roma che da rigida disposizione RAI durerà 3 minuti e che Davide fisserà in 12 scatti. Il cantante è uno dei 24 esordienti ed appartiene al Clan, l’etichetta discografica di Adriano Celentano, lui è Pio, Pio Trebbi, esuberante ventiduenne che proviene dalla campagna riminese, da quella campagna dove, così leggenda narra, in un afoso pomeriggio dell’estate del 1969 lo stesso Celentano, con la mediazione di Fiorello Paci, si recò per valutare le doti artistiche di Pio. Tra un bicchiere di Sangiovese e una piada Pio diede fondo a tutto il suo repertorio e Adriano concluse la serata dicendo al nostro: “Pio, sei forte; potresti anche diventare il big degli anni ’70; vieni nel Clan, ti preparerò qualcosa di buono”. I 25 milioni di telespettatori che avevano appena visto Pio esibirsi sul palco più importante della musica italiana, e forse anche europea, offrendogli una fantastica possibilità di farsi conoscere, testimoniavano la parola mantenuta di Adriano. Tuttavia Pio e Renato Rascel che interpretavano la stessa canzone vennero subito eliminati. I giornali non furono teneri con il nostro, tuttavia i commenti tra l’ironico e il sarcastico venivano distribuiti equamente fra tutti gli artisti, sia verso gli esordienti come Pio che verso i più blasonati “matusa” come Claudio Villa.
In quello scorcio di inizio anni ’70 se la musica del festival era ancora leggera il contesto storico era piuttosto pesante. Il Festival del ’70 seguiva quello del ’69 che ebbe luogo in un clima da guerriglia urbana, con manifestazioni di piazza, scoppio di bombe contro il negozio di dischi della RCA e di alcune sezioni del PCI, con il pubblico che affluì al salone delle feste tra due ali di agenti in pieno assetto da guerra e tiratori scelti appostati sui tetti tra le antenne televisive. Ma arrivava soprattutto dopo l'autunno caldo e l'attentato di Piazza Fontana che ne costituì la risposta violenta. Il festival di quell’anno tentò, invece, una risposta soft dando voce al disagio per un mondo che aveva smesso di funzionare in attesa della rivoluzione con la vittoria di Adriano Celentano e Claudia Mori con la canzone Chi non lavora non fa l'amore. Così il Carlino sintetizzava il Celentano pensiero: “Al centro un “lui” lavoratore obbediente ai diktat della CGIL e una “lei” stufa di vedersi portare a casa buste paga ampiamente decurtate. Tu scioperi? E io mi rifiuto di fare la moglie! Mica male la trovata, anche se vecchiotta. Poi, il risvolto grottesco. Il crumiraggio di “lui”, le botte, i mezzi pubblici che non funzionano e il medico del pronto soccorso in sciopero. Finalino in chiave moralistica: “dammi l’aumento signor padrone – così vedrai che in casa tua – e in ogni casa entra l’amore”. Strabismo di Venere, un occhio al popolo che ribolle un altro al padrone “reazionario” e disco omaggio a Donat Cattin”.
Ma tornando al nostro Pio, ecco alcuni commenti dal Resto del Carlino e dal Carlino e dal Corriere della Sera.
Pio, da parte sua, è un tipo solido, squadrato, sembra incantato da questa sua meravigliosa avventura, fino a poco fa vendeva libri, ora è la speranza del "Clan" di Celentano.
Pio Trebbi. Direi che è il personaggio – tra i debuttanti – più in vista di questo festival. Riminese, faccia allucinata e funzionale, maglietta e pantalonacci da venditore di lamette da barba all’angolo delle strade. Si muove e parla come il “capo” che è Adriano Celentano. Forse lo imita un po’ troppo anche nel porgere Nevicava a Roma, un motivetto all’acqua di rose, facile facile, che non abbisognerebbe di strabuzzamenti d’occhi e contorcimenti. Strabico, brufoli sulle guance. Guardate mò cosa mi va a capitare. Il prete dovevo fare, ed eccomi invece qui in questa baldoria. Che sia tutto finto, che l’abbia “costruito” così quel furbone di Adriano? Un mistero. Non sai se autentico o fasullo. Ma “funziona”, come dicono i cervelli delle case discografiche. A Renatino Rascel non hanno affibbiato un grosso nome per la ribattuta di Nevicava a Roma, ma uno straordinario personaggio certamente sì.
Addio anche alla faccia a triangolo isoscele e spiritato Pio [..] l’università dei cantanti ha bocciato impietosamente le giovani promesse, i sogni di effimera gloria sono rimandati.
Arriva Pio, l’escluso di ieri sera. Il buon Pio gronda sudore come un gregario che ha appena scalato il Galibier. I foruncoli vengono fuori violenti dal cerone. Fa l’allegro e, bagnato com’è abbraccia tutti, colorando di mattone gli amici e gli sconosciuti. Grugnisce, saltella si guarda intorno sperduto. Renato Rascel cerca di consolarlo, montando su uno scalino.
Nevicava a Roma non sembra molto consistente, anche qua sembra che l’aiuto venga piuttosto da un personaggio come Rascel che ha sempre, in scena, la finezza e lo scintillio di una bottiglia di gran vino blasonato; accompagnato da Pio che è nessuno ma su questa storia di nessuno ha incominciato abilmente a diventare qualcuno.
Nel 1971 Celentano lo presentò ancora al Festival, questa volta con Mau Cristiani, altro esordiente del Clan, con Occhi bianchi e neri, ma ancora una volta non arrivò in finale. Poi il Clan si avvitò su se stesso e si sciolse. Grazie però ai due anni con Celentano Pio era riuscito ad accumulare un capitale di popolarità che riuscì a spendere negli anni successivi facendo concerti e serate nei vari locali e per incidere altri dischi.
Nel 1978 partecipò anche ad una miniserie televisiva della Rai con la concittadina Sonia Toni, che fu compagna di Beppe Grillo.
Perchè sono rimasto Pio, pubblicato nel 1999, è il libro in cui Pio racconta la sua vita e la sua avventura nel mondo della canzone. Nato a Maiolo il 28 dicembre 1947, la mamma è maestra elementare il padre mediatore, ha una sorella più grande, da piccolissimo si trasferisce a San Martino dei Mulini (frazione di Santarcangelo di Romagna) e da lì inizia la sua avventura nel mondo della musica. Nel libro così Pio ricorda la serata del Festival del 1970:
Ricordo Little Tony già sudato, Orietta Berti che scaldava la voce facendo vocalizzi da soprano, poi Carmen Villani e Rita Pavone che si erano asserragliate in sala trucco da più di due ore. Continaudo la mia passeggiata incontrai l'amico Bobby Solo, al quale nell'attesa proposi di suonare e cantare insieme. Non se lo fece ripetere due volte e con le chitarre ci divertimmo, come sempre, nei nostri ormai famosi duetti, e a noi si unì il cantante Mal. Fu sul più bello che l'altoparlante mi chiamò in scena: era arrivato il mio momento. Entrai in palcoscenico sorridente, salutando tutti; non pensavo che c'era l'Italia davanti al televisore a guardarmi. Il pubblico, appena mi vide, ricambiò il saluto con un caloroso applauso. Ero sul palcoscenico più importante della canzone italiana, ma stranamento esso mi ricordava quello dei miei piccoli festival, perchè quando arrivavo io tutti scoppiavano a ridere come pazzi. Il maestro Negri diede l'attacco all'orchestra e dopo due battute incominciai a cantare, accompagnato da un altro applauso. Tra i grandi personaggio seduti nelle prime file, notai l'attore Nino Manfredi e Delia Scala: quel particolare rimase scolpito nella mia mente, perchè durante tutta la mia esibizione non mi tolsero gli occhi di dosso. Ormai ero arrivato al finale e quando l'orchestra si fermò il pubblico mi salutò con grande entusiasmo. Dietro le quiente c'erano già i fotografi che mi accolsero abbagliandomi con una pioggia di flash e in mezzo alla confusione si fece largo Renato Rascel, che mi gridò: “venderemo un sacco di dischi!”. Ancora non mi rendevo conto di aver cantato in diretta davanti a milioni di italiani.
Tutte le foto di Pio Trebbi nell'Archivio di Davide Minghini
Pio Trebbi che canta Nevicava a Roma al Festival di Sanremo del 1971