L’autunno si insinua nelle giornate di fine estate attenuando le temperature, cambiando l’intensità della luce, sancita dall'arrivo dell'equinozio il 21 settembre. Esplode poi con i suoi colori e profumi, il foliage e la raccolta dei frutti stagionali. Ma la sua irruzione è a volte repentina quando non addirittura imprevedibile aggravata dai cambiamenti climatici odierni sempre più acuti e da precipitazioni meteoriche violente e disastrose.
Le immagini delle stagioni, sia pittoriche che per mezzo delle incisioni a stampa, hanno sempre raccontato tra mito, paesaggio e ritualità contadina, la ciclicità della natura. Il Gabinetto disegni e stampe possiede una serie significativa di incisioni in collezione ab antiquo, che descrivono con il racconto visivo ma anche attraverso aspetti letterari e poetici la seduzione delle stagioni. Ci si riferisce in particolare ad alcune incisioni appartenenti a quella speciale congiuntura artistica che vede l'età del Neoclassicismo, con il suo entusiasmo per l'antichità e i suoi nuovi ideali educativi, connotare di un gusto profondo artisti e incisori. Ma che vede anche l’arte italiana esempio propositivo per una schiera di artisti nordici e inglesi in particolare ammaliati dal fascino del Bel Paese e indotti al viaggio d’istruzione attraverso il Grand Tour per godere dei panorami, del clima, delle tradizioni e della cultura italiani.
Si citano a questo proposito quattro acquaforti (dono Lettimi Francolini del 1932) dedicate alle stagioni di cui si evidenzia Autumn. Sono databili attorno agli anni ‘80/90 del Settecento firmate dall’incisore veneto Amedeo Gabrielli (1749-1817) e da William Hamilton (Chelsea, 1751 – Londra, 1801), pittore inglese. Omonimo di Sir William Douglas Hamilton, l’archeologo, diplomatico, antiquario e vulcanologo britannico, la cui giovane moglie Emma Lyon alias Lady Hamilton fu legata a Lord Nelson, in una storia amorosa ripresa anche da Susan Sontag nel romanzo del 1992 The Volcano Lover. Ma torniamo alle incisioni. La grazia e l’eleganza delle figure immerse in un’atmosfera campestre unita alla finezza del segno inciso raccontano un momento saliente della stagione autunnale, la vendemmia. Occasione di festa e di danza tra amorini e giovani fanciulle in movenze arcadiche che si animano attorno al tino e all’uva. Così emblematicamente la raccolta delle messi, per l’estate, il taglio della legna per l’inverno e le ghirlande di fiori per la primavera simboleggiano le altre stagioni.
William Hamilton, il pittore, si era formato con i fratelli Robert e James Adam. Fu in Italia, dove frequentò la bottega di Antonio Zucchi, personaggio che riemergerà nel racconto più avanti. Tornato in Inghilterra, produsse ritratti e quadri di soggetto biblico, storico, mitologico e letterario. Come illustratore realizzò quelle per la Bibbia di Macklin (1791-1800), per i British Poets (1788-99), per le Seasons di Thomson (1797) e per la Storia d'Inghilterra di Bowyer (1806).
Amedeo Gabrielli è noto per essere stato un incisore acquafortista e calcografo. Era nato a Bassano del Grappa nel 1749 dove morì nel 1817. Il suo nome compare associato a quello di Luigi Agricola, suo coetaneo, in diverse serie di una Via Crucis a stampa. Per meglio apprezzare il clima artistico in cui Gabrielli operò è opportuno sottolineare che Luigi Agricola (Roma, 1750 circa – 1821) pittore, padre e maestro di Filippo Agricola, fu accademico di San Luca e fu intimo di Antonio Canova. È appunto noto come incisore di gemme e piacque a Stendhal, che parla dei suoi quadri nelle Promenades dans Rome.
Un’altra serie di incisioni in tema di stagioni ècostituita dalla traduzione di dipinti della celebratissima Angela Kauffmann. Si devono alla mano dell’incisore vicentino Giuseppe Dall’acqua, nato nel 1760, figlio minore dell'incisore Cristoforo, di cui fu allievo prima di entrare nella scuola della calcografia Remondini di Bassano per la quale produsse anche oltre il tempo dell’apprendistato. I suoi rami raffigurano scene mitologiche, quadretti di genere, vedute, paesaggi pastorali o illustrano situazioni di romanzi celebri. I disegni sono ricavati da dipinti di artisti per lo più settecenteschi tra cui oltre alla Kauffmann, J. Vernet, J. Hackaert e numerosi altri.
Impossibile non ricordare l’effervescenza della vita di Angelica Kauffmann (1741-1807), nata in Svizzera, ma italiana di formazione. Educata dal padre Joseph, pittore, quando mette su il suo studio a Londra dopo numerosi soggiorni nei centri d'arte italiani, ha poco più di vent'anni. Ha talento, glamour, ha acume negli affari e una vita da jet-set ovunque si rechi. Le sue innate capacità – nella pittura, nelle lingue parlate, nel canto - le aprono le porte dei consensi accademici. Si misurò con una cultura veramente cosmopolita che espresse bruciando i tempi. Ammirata talvolta fin quasi alla venerazione, si specializza in ritratti e quadri mitologici, nei quali l’antico e il mito diventano il filtro per raccontare i sentimenti e le emozioni con equilibrio e eleganza. Quando Goethe, nel suo Viaggio in Italia, arrivò a Roma nell'ottobre del 1786, rimase sedotto dalla personalità di Angelica: si trattava della «miglior conoscenza» fatta a Roma, la chiamava "donna delle meraviglie". «Guardar quadri con lei è assai piacevole; tanto educato è il suo occhio ed estese le sue cognizioni di tecnica pittorica». Angelica rivela in tutto la sua modernità, anticonformista e istruita in un’epoca in cui l’istruzione era preclusa alle donne promuove persino un ‘merchandising’ antelitteram. Angelica diventa la protagonista di un ricco marketing. Se non gli originali, almeno le incisioni dei suoi dipinti hanno abbellito ogni casa moderna dell'epoca. Fino al XIX e anche al XX secolo, i motivi dei suoi quadri decorano mobili e porcellane. Un’operazione legata al culto nato dalla sua persona, vera icona di stile. Quando morì a Roma nel 1807, ebbe un funerale organizzato dal Canova: vi parteciparono i più famosi artisti e letterati, e due sue opere furono portate in processione insieme al calco della sua mano. Fu sepolta in S. Andrea delle Fratte, accanto al marito, Antonio Zucchi, maturo amico del padre, sposato in seconde nozze dopo una cocente e scandalosa delusione amorosa; l'anno seguente un suo busto fu collocato nel Pantheon. I versi incisi appartengono al poeta scozzese James Thomsons (1700 – 1748) a cui i dipinti si ispirano. Il quale dopo aver abbandonato l'intenzione di seguire la carriera ecclesiastica, nel 1725 si recò a Londra, e qui acquista immediata fama col ciclo costituito dai poemetti Winter (1726), Summer (1727), Spring (1728) e Autumn (1730), poi riuniti col titolo The Seasons. Tradotti in tedesco da Gottfried van Swieten i suoi versi diventano il libretto per l’Oratorio ‘Le stagioni’ di Haydn.
Per saperne di più
Cerere (in latino Ceres, Cereris e in osco, Kerri, Kerres o Kerria) era una divinità materna della terra e della fertilità, nume tutelare dei raccolti, ma anche dea della nascita, poiché tutti i fiori, la frutta e gli esseri viventi erano ritenuti suoi doni, tant'è che si pensava che avesse insegnato agli uomini la coltivazione dei campi. Viene rappresentata come una matrona severa e maestosa, ma allo stesso tempo bella e affabile, con una corona di spighe sul capo, una fiaccola in una mano e un canestro ricolmo di grano e di frutta nell'altra. Il flamine cereale presiedeva il suo culto. Sorella di Vesta, Giunone, Plutone, Nettuno e Giove, e figlia di Saturno e Opi. La sua figlia più conosciuta è Proserpina. Sebbene il suo culto sia di antica origine italica, è generalmente identificata con la dea greca Demetra. E poi ancora un secondo mito.
Vertumno e Pomona La storia di Vertumno e Pomona è tratta dalle Metamorfosi di Ovidio (XIV, 623-697, 765-771). Divinità italiche, protettrici dei giardini, degli orti e dei frutteti: il nome di Vertumno viene dal verbo "vertere" (mutare, cioè la primavera), mentre Pomona da "pomum" (frutto). Pomona era una delle Amadriadi, le ninfe protettrici della natura, appassionata in particolare delle piante da frutto. I satiri, Pan, Silvano avevano tentato di sedurla, invano. Anche Vertumno cercò di corteggiare Pomona travestito da mietitore e in molti altri modi, ma venne sempre respinto. Finalmente riuscì ad avvicinarla assumendo l'aspetto di una vecchia, e cominciò così a parlarle dell'amore e del matrimonio. Infine le si rivelò nel suo vero aspetto, quello di un giovane e bellissimo dio e Pomona ne fu conquistata. Questo soggetto godette di grande favore a partire dal secolo XVI: la scena più diffusa mostra una vecchia che si china con ardore verso una giovane dea ignuda, talvolta ponendole una mano sulla spalla. Pomona siede di solito sotto un albero e ha accanto un canestro di frutta o una cornucopia. Suo comune attributo è la falce adunca per potare la vegetazione. L'albero fa talvolta da sostegno a tralci di vite che crescono attorno al tronco: secondo Ovidio, il discorso di Vertumno prese spunto da un olmo che fungeva da sostegno a una vite, simbologia del matrimonio, in cui la moglie si affida al sostegno del marito.