Il miracolo della predicazione ai pesci di S. Antonio da Padova a Rimini

Veneratissimo nel mondo cattolico, Sant’Antonio “da Padova”, a Rimini operò due miracoli fra i più celebri attribuitegli: quello della mula e la predicazione ai pesci. Dotato di straordinario eloquio nelle sue predicazioni, colto e ispirato al santo di Assisi, forse in segno di sfida, in una città eretica che non ascoltava la parola di Dio, come Rimini, Antonio si recò sulla riva del mare, nei pressi della foce del Marecchia, vicino all’attuale ponte della Resistenza.  Qui avvenne il primo miracolo. I pesci uscirono dalle acque ad ascoltare il santo. In un testo dialettale di fine Ottocento si legge che “alcuni pesci aprivano la bocca soctometendo lo capo, dimostrando che intendevano, et facevano segni, de laudare et ringraziare Dio come meglio sapevano”. Secondo la leggenda, comunque, soltanto un pesce non salì ad ascoltare la predica, pare fosse il paganello.

Dentro l’immagine
L’incisione fa parte dell’esuberante nucleo di immagini di carattere devozionale presenti nel Gabinetto dei disegni e delle stampe della Gambalunghiana, e sia per il formato che per il suo contenuto narrativo rivela aspetti iconografici abbastanza originali rispetto alla consueta rappresentazione del Santo di Padova, solitamente rappresentato di fronte, in dolce posa con il Bambino accanto e con l’attributo del giglio. Intanto, l’ambientazione: il mare con i pesci che affiorano, il molo e sullo sfondo il faro, ben descritto nei dettagli architettonici, con accanto un altro fanale. Da parte dell’autore dell’immagine una  realistica restituzione dell’ambiente.
È il faentino Angelo Marabini (1819-1892) che firma l’acquaforte. Angelo fu avviato alla attività incisoria nella bottega paterna malgrado nutrisse aspirazioni artistiche legate alla pittura e alla ceramica, pratiche che coltivò con abilità e successo attraverso i contatti avuti inizialmente con Gaspare Lama e Giuseppe Calzi.  Suo padre, l’incisore Vincenzo Marabini (1774-1847), era infatti il titolare a Faenza di una florida stamperia calcografica posta sotto il loggiato del Palazzo dei Conti Zauli Naldi, ambiente che divenne un luogo di incontro e di frequentazione del cosiddetto Cenacolo Marabini. 
Angelo fu allievo di Giuseppe Marri alla Scuola di Disegno e Incisione, dove dimostrò qualità spiccatissime sia nel disegno sia nell'incisione e anche se col bulino realizzava finissime stampe, non riuscì a rinunciare al sogno del pennello. Tanto che pur autodidatta nel lavoro ceramico (e di decorazione) riceve molteplici gratificazioni e nel 1875 partecipò all'Esposizione Industriale e Artistica di Faenza con grande successo. Seguirono diverse Esposizioni Nazionali, e quella Universale di Milano nel 1881 dove ottenne la medaglia di bronzo. Dipingeva scene mitologiche, arcadiche, popolate di ninfe e satiri, ricche di fonti perenni e boschi lussureggianti, oppure religiose e cavalleresche. Si ispirava anche alla grande pittura oltre a ritrarre i personaggi patriottici del tempo.
Questa acquaforte rivela una decisa grazia compositiva e un segno lieve e delicato, specie nella scena che rappresenta il santo che predica ai pesci attorniato da una piccola folla di curiosi accorsa ad assistere al miracolo. La cornice diventa contorno e spazio per un esercizio stilistico spumeggiante di dettagli decorativi.

Per saperne di più
Sul luogo dove si verificò il miracolo dei pesci, nel Seicento, venne costruito l’Oratorio di Sant’Antonio al Porto dedicato al Santo, già danneggiato da un cannoneggiamento navale austriaco nel 1915, distrutto dai bombardamenti aerei del 1944, demolito definitivamente dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale “per esigenze difensive”.
Fernando Martins de Bulhões è chiamato in Portogallo Antonio da Lisbona dove nacque il 15 agosto 1195. In vita fu noto come Antonio da Forlì, perchè da qui nel 1222 partì la sua predicazione che toccò anche Rimini. Proclamato santo da papa Gregorio IX nel 1232 e dichiarato dottore della Chiesa nel 1946, Antonio fu incaricato dell’insegnamento della teologia e inviato dallo stesso San Francesco a contrastare in Francia, con la parola e l’esempio e non con la violenza, la diffusione del movimento eretico dei catari. Da Coimbra ad Assisi. Fu poi trasferito a Bologna e quindi a Padova, dove morì a 35 anni il 13 giugno 1231, giorno in cui si celebra la sua festa liturgica. 
L’immagine del Marabini che lo rappresenta con il miracolo dei pesci acquista valore documentale per via della rappresentazione della marina e del porto di Rimini con il faro sullo sfondo attorno alla metà del secolo XIX;  il sito è confrontabile con la descrizione grafica fattane anche dallo scenografo-pittore Romolo Liverani nel 1844. 
Il Faro che sorveglia il porto-canale, un tempo tratto di foce del fiume Marecchia, deviato più a nord, con un alveo artificiale costruito tra il 1924 e il 1930, oggi è alto oltre 27 metri ed ha una portata luminosa di 15 miglia nautiche.   
Fu parzialmente distrutto a seguito degli eventi bellici del secondo conflitto mondiale e ricostruito nel 1946 dal Genio Civile. Si ha testimonianza di altri fari al porto di Rimini. Si cita quello di Carlo Malatesta, di cui si intravvede ancora una traccia architettonica nel fusto del campanile della chiesa di San Nicolò, attribuibile alla fine del secolo XIV o all’inizio del secolo XV; e un altro faro attivo dal 1569 (si trattava di una celletta sormontata da un faro) al sito dove era ubicata la chiesa di S.Antonio a Borgo Marina. 
La storia del Faro è invero complessa poiché nel corso del tempo ha subito trasformazioni strutturali ed elevazioni  Soprattutto ha originato contrastanti interpretazioni in merito al suo progettista. Secondo gli storici il grande architetto Luigi Vanvitelli (1700-1773) che venne in due occasioni a Rimini (1733 e 1735) produsse una stima o perizia “a voce” senza tuttavia schizzare il progetto. Ma invitò i riminesi a realizzare un molo alla destra del porto al fine di erigere un fortino in capo allo stesso molo. Il cantiere del faro esistente fu preceduto dalla progettazione del cosiddetto fortino di papa Clemente XII su disegno dell'arch. Sebastiano Cipriani.
II lavori del faro (svolti tra il 1760 e 1764) furono condotti  dagli architetti Carlo e Filippo Marchionni. La paternità del progetto fu attribuita a Giovan Francesco Buonamici, ma il suo disegno venne quasi certamente semplificato da Matteo Costa e Domenico Bazzocchi Pomposi.


Approfondimenti bibliografici
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F. Barbaresi, La chiesa di S. Antonio sul porto di Rimini, in Ariminum, periodico bimestrale del Rotary Club Rimini , 2016.3, P. 6-8
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Ubaldo Valaperta, La Franzchina dall'aj o raza raza ognun de su paraza : pruverbie rimnes, farsa in un atto solo, 1868
A.Serpieri, Il porto di Rimini dalle origini a oggi: tra storia e cronaca, 2004
G. Rimondini, Vanvitelli e il faro di Rimini, in Ariminum, periodico bimestrale del Rotary Club Rimini , 2018, 2, P. 19